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Facebook Gate
Daniela Di Marco
Web designer
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Gate.
Argomenti
- Social Network
- Facebook Gate
- Cambridge Analytica
- Dati personali
- Privacy
Cos'è il_
Facebook_
Gate?
In seguito allo scoppio del caso Cambridge Analytica, Facebook sta affrontando sempre più polemiche a livello globale sul ruolo che ha avuto nel permettere la diffusione di dati personali.
Il caso che riguarda Cambridge Analytica e Facebook è emerso a seguito di alcune inchieste del New York Times e del Guardian secondo cui era stato possibile scoprire che, attraverso un’applicazione, il professore Aleksandr Kogan aveva raccolto i dati personali di milioni di iscritti poi trasmessi senza autorizzazione a Cambridge Analytica per costruire un sistema che potesse profilare i singoli elettori statunitensi con l’obiettivo di creare una campagna pubblicitaria di stampo politico ad hoc.
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Lo stesso Mark Zuckerberg è stato invitato dal Parlamento Ue a chiarire ed è stato convocato anche dalla Commissione Cultura, Media e Digitale del Parlamento britannico, per dire la sua sul "catastrofico fallimento" dei controlli.
Dopo il polverone si sta diffondendo su Twitter l'hashtag #DeleteFacebook con cui gli utenti esprimono il disappunto per l'uso irresponsabile dei loro dati. Parallelemente all'hashtag #DeleteFacebook emerge anche l'hashtag #WheresZuck, che in qualche modo richiama Mark Zuckerberg a un intervento pubblico in un momento così critico per la società che ha fondato.
Vediamo di fare_
un po’ di_
chiarezza…
Facebook non ruba_
i nostri dati _
ma siamo noi _
a essere “ignoranti digitali”
Cambridge Analytica non ha rubato niente. Niente oltre i dati e le informazioni che ogni giorno regaliamo a Facebook.
In breve, il professore di psicologia di Cambridge, Aleksandr Kogan, ha sviluppato un'app per Facebook alla quale si sono iscritte circa 270 mila persone, che hanno dato al programma accesso alle loro informazioni; Kogan ha quindi ottenuto l'accesso a queste informazioni in un modo legittimo e attraverso i canali appropriati a cui hanno accesso tutti gli sviluppatori che lavorano con Facebook. Solo dopo il Professore non ha rispettato le regole di Facebook trasmettendo le informazioni che ha raccolto a terzi, tra cui a Cambridge Analytica.
Cosa vuol dire questo?
Anzitutto bisogna capire che in tasca non abbiamo più solo un telefono, ma un dispositivo che utilizza Internet.
Tutto quello che facciamo con il nostro smartphone non resta solo all’interno del nostro dispositivo, ma finisce, per sempre, anche nelle mani dei giganti del digitale: Google, Facebook, Amazon, Apple, Microsoft…
Sono loro i proprietari del web, e noi abbiamo accettato e accettiamo continuamente le loro regole. Tutti indistintamente, professionisti o meno del digitale, in meno di un secondo andiamo a cliccare su “Accetto” e “Ok, iscrivimi” senza neanche leggere cosa dicono quelle informative chilometriche.
Questo ci_
deve fare_
riflettere!
Deve portare le persone a pensare prima di accettare di condividere i propri dati quando iniziano a utilizzare un'app.
Sono gli utenti che poi hanno la responsabilità di controllare, prima di eseguire un'app, il tipo di informazioni personali che accettano di condividere con lo sviluppatore. Quest'ultimo è poi tenuto a rispettare la privacy delle persone non condividendo i dati raccolti, cosa che Kogan non sembra aver fatto, motivo per il quale Facebook ha sospeso la applicazione che aveva creato, chiedendo allo stesso Kogan e a tutte le parti a cui aveva fornito i dati raccolti la prova di aver eliminato le informazioni.
Finalmente Mark Zuckerberg ha parlato affidando a un post le sue riflessioni: “Abbiamo la responsabilità di proteggere i tuoi dati e, se non possiamo, non vi meritiamo – ha scritto – ho lavorato per capire esattamente cosa è successo e per assicurarmi che ciò non accada di nuovo. La buona notizia è che le azioni più importanti per impedire che questo accada di nuovo oggi le abbiamo già prese anni fa. Ma abbiamo anche commesso degli errori, c’è ancora molto da fare e dobbiamo farlo”.